Pubblichiamo la riflessione congiunta degli avvocati Piero Mancusi e Giacomo Francesco Saccomanno.
“Le recenti intercettazioni pubblicate dal giornale “La Verità” e da altre testate giornalistiche, dalle quali emergerebbe che alcuni magistrati pur riconoscendo che all’epoca il Ministro Salvini “aveva ragione”, avrebbero tramato contro di lui per fermare la sua ascesa politica, gettano una luce sinistra su alcune condotte sulle quali occorre riflettere.
Da tali intercettazioni emerge, non solo una rete di favori per questo o quell’altro personaggio del mondo dello sport, dello spettacolo o di altri settori, ma anche manovre nell’assegnare incarichi molto importanti nell’ordinamento giudiziario. Un sistema, molto probabilmente, illecito che tendeva a manovrare tutte quelle che erano le più importanti nomine degli uffici giudiziari. Una lobby di potere che era nelle condizioni di collocare i propri uomini nei posti di comando e che per oltre 25 anni ha operato, spesso, nell’interesse partitico piuttosto che in “nome del Popolo Italiano”.
Ci piace, pertanto, affrontare sotto il profilo della dottrina giuridica e dell’esercizio culturale, perchè sono fatti di una gravità assoluta sotto il profilo istituzionale, se il quadro normativo, relativo ai delitti di attentato contro l’integrità e l’unità dello Stato conferiscano tutela giuridica a tali fattispecie o a ipotesi similari.
Le norme sono poste a presidio dell’assetto costituzionale e non vi è dubbio che astrattamente, le condotte sopra indicate miravano a modificare il quadro istituzionale all’epoca vigente e, comunque, a condizionarlo pesantemente.
Le ipotesi normative dei delitti contro la personalità dello Stato, dispongono che la condotta possa essere tenuta da “ chiunque” il che significa che ci troviamo di fronte ad un reato comune.
La descrizione delle condotte incriminate dai delitti di attentato contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato, sono state modificate dalla Legge n 85/ 2006: l’espressione “commette un fatto diretto a” è stata sostituita con atti violenti diretti e idonei … ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato.
In sostanza, le condotte sono costruite come fattispecie di pericolo, essendo bastevole l’attitudine degli atti a produrre uno degli effetti previsti dalla norma e rimodellate nella forma del tentativo.
L’introduzione del requisito “della violenza” sembra restringere l’area della tutela penale, anche se penalmente violento non è solo l’atto materiale, ma ogni condotta idonea a coartare la libertà morale della vittima. Infatti, il bene giuridico di tutela è dunque il libero svolgimento, da parte dei più importanti organi costituzionali e regionali, delle proprie funzioni e prerogative. Quindi, anche quanto emerge dalle intercettazioni e la instaurazione di procedimenti penali nei confronti di un Ministro della Repubblica potrebbe rientrare nella fattispecie suddetta potendosi ritenere concretamente atto idoneo ad impedire l’esercizio delle attribuzioni e prerogative conferite dalla legge.
Il risultato è che gli atti debbono essere incompatibili con la fisiologia di un concreto e corretto ordinamento giuridico e volti ad alterare il quadro istituzionale definito dalle leggi dello Stato.
È tutto da verificare quindi se fatti di tale gravità che hanno il denominatore comune di “indebolire” un Ministro della Repubblica, leader di un partito di governo, rientrino nel perimetro normativo sopra descritto.
Diversamente, è necessario che il nostro ordinamento giuridico apposti le opportune tutele legislative contro fatti inquietanti e gravi, idonei ad alterare il quadro definito dalle Leggi dello Stato”.